«La Comunità Terapeutica è una casa: una casa dove la persona approda dopo un viaggio disastrato della propria vita. E quasi sempre, quando vi approda, le ferite sono profonde, l’esperienza della strada ha cancellato ricordi, speranze, progetti…
Chi vi giunge non ha più nulla a cui aggrapparsi. Molto spesso alle sue spalle non ha nessuna esperienza religiosa, oppure da lungo tempo l’ha abbandonata e dimenticata. La sua è una strada arida e deserta. L’esperienza della droga, se pure ha creato qualche momento di euforia, ha lasciato nel cuore soltanto una tremenda amarezza…
Ora ha bisogno di ricostruirsi, prima di tutto sul piano fisico. La risalita è difficile, numerosi sono i fallimenti, i momenti di abbandono e sfiducia in cui nasce la quasi certezza di non potercela fare…
Ha bisogno di molto sostegno, di un quotidiano allenamento legato a princìpi semplici, a valori di base che poco alla volta gli ridiano speranza rendendolo capace di aspirare a qualche cosa di più alto…
Dopo questo primo cambiamento fisico, morale, etico, la crescita della persona continua. Il fine ultimo della Comunità Terapeutica è quello di ricondurre ogni persona a riappropriarsi della propria esistenza e progettare la propria vita verso traguardi sicuri…»