I giovani tra pericoli, inconsapevolezza e adulti impreparati
«Ho avuto modo di incontrare (centinaia di ragazzi grazie anche alla seconda edizione del progetto “Pari e Impàri 2″. Non dobbiamo demonizzare la tecnologia, ma è importante insegnare ad usarla, perché è come se gli adolescenti avessero trovato nella rete il loro mondo e un modo di comunicare senza le interferenze degli adulti». Ornella Prete, titolare del progetto, è una psicoterapeuta del CeIS don Mario Picchi – Centro italiano di Solidarietà che ha sede a Roma e che da anni si occupa degli emarginati, dei tossicodipendenti, di chi è vittima della ludopatia. Ma anche di minori e del loro rapporto con internet e le nuove tecnologie. Noi l’abbiamo incontrata per capire quali sono i casi nei quali si imbatte e come si deve intervenire su quei giovanissimi che usano in maniera impropria la rete e come lavorare sugli adulti che troppo spesso non comprendono i pericoli che si nascondono dietro la piazza virtuale.
L’EPIDEMIA DEI SELFIE
Ma più si è piccoli, più non si comprendono i rischi della rete e più ci si lascia andare senza freni. Come dimostrano i selfie postati o inviati agli amici: «È come se nei ragazzi ci sia una scissione tra il sé e l’immagine che veicolano. Vivono una forma di dissociazione tra la realtà e la sua rappresentazione. Noi adulti, dunque, dobbiamo fargli capire che quella foto e quella immagine gli appartiene, che non è una cartolina e che inviarla può essere pericoloso o “illegale”». Come spiega Ciro Nutello, responsabile “Scuole Sicure” della Questura di Roma. «Da 11 anni portiamo avanti questo progetto nelle scuole di Roma. Siamo un gruppo di colleghi che cerca di contattare più scuole possibili per affrontare in modo concreto questi problemi. Perché i ragazzi devono essere informati anche sui pericoli da un punto di vista legale, sui reati che potrebbero commettere. Devono sapere che esiste il reato di diffamazione, se postano commenti su una bacheca di Facebook, o possono essere accusati di diffondere immagini pedopornografiche se fanno girare foto discinte delle amiche. Le regole ci sono e i ragazzi devono conoscerle. Devono sapere che a 14 anni si diventa punibili. Devono sapere anche che usano il telefonino che è intestato ai genitori e che quindi possono mettere nei guai anche loro. Non solo, devono comprendere che un’azione sbagliata da giovanissimi potrebbe mettere in forse il loro futuro lavorativo. È nostro dovere spiegare tutto ciò soprattutto perché dagli incontri di quest’anno sono emersi casi limite: ragazze che mandano foto per 50 euro di ricarica del telefonino. E con la droga che ormai gira anche alle scuole medie è facile immaginare in quale vortice presto si potranno trovare questi giovanissimi».
LE RICHIESTE DEI RAGAZZI
Eppure sono i ragazzi stessi a chiedere di essere informati, come gli studenti di quartieri difficili come Tor Bella Monaca, San Basilio, Torre Angela che sono stati coinvolti nel progetto. «Ci siamo resi conto che il rischio è quello di cadere in cose che non si conoscono. Perché sembrano cose apparentemente innocue che ora, parlando, abbiamo capito essere pericolose. Ma ora lo sappiamo perché gli adulti non si sono limitati ad un “no”, ma lo hanno motivato». Ed è proprio grazie d questi incontri concreti, durante i quali si parla della loro vita, che molti giovanissimi poco propensi ad andare a scuola hanno trovato uno stimolo in più a varcare quelle soglie.
FAMIGLIE ALL’OSCURO
In tutto questo, spesso, le famiglie sono le ultime a sapere ciò che accade e quali sono le esigenze dei figli. Per questo nelle scuole si cerca di organizzare incontri anche con loro: «Troppo spesso ci troviamo di fronte a genitori adolescenti, in competizione con i figli che non hanno minimamente idea da dove cominciare-spiega una preside di un istituto della periferia di Roma-. È necessario creare una base umana con questi ragazzi, prima di arrivare all’educazione civica e ricreare un dialogo con chi li ha messi al mondo». I genitori sono i primi a postare le foto dei figli su Facebook o ad usare WhatsApp e le mail per comunicare con loro, sono genitori a volte attenti, ma che poi sono i primi ad introdurre i figli a questo mondo, perché comunicano con i figli proprio in questo modo. Ma ci sono anche genitori che sottovalutano il pericolo e ignorano addirittura che è necessario introdurre dei filtri per evitare almeno l’accesso ad alcune pagine».
LE RIPERCUSSIONI SUL CERVELLO
A questo si aggiunge che ancora si ignora la ripercussione dell’uso smodato della rete sulla stessa mente dei ragazzi: «L’uso della rete e di questi mezzi di comunicazione – spiega la dottoressa Prete -, che è una cosa recente, potrebbe portare ad una modificazione dello stesso cervello, poiché tra gli 11 e i 21 anni c’è una sua evoluzione. Ecco, noi non sappiamo a cosa potrebbe portare. Mail problema è doppio: perché si deve agire sui minori, ma anche sugli adulti che si sono trovati, da grandi, ad avere a che fare con mezzi nuovi di comunicazione da cui spesso sono sopraffatti e dietro i quali si nascondono».
SESSUALITÀ PRECOCE
I siti, come la tv, rimandano ad una sessualità precoce e c’è uno scarto sempre più forte tra il sé e l’io sessuato. Che fare? «La questione è delicata. Basti pensare che si è notato che le ragazze che si trovano ad inviare sotto minaccia foto o che vengono costrette a rapporti sessuali di fronte alla webcam, quando vengono scoperte hanno le stesse reazioni di chi subisce violenza sessuale. Ciò su cui bisogna lavorare, dunque, è il far capire a questi ragazzi che è necessario privilegiare l’incontro di persona e non i messaggi su WhatsApp o le chat. Perché le conseguenze sono tanto più devastanti quanto più giovani sono i fruitori della rete. Perché i giovani, per loro natura, sono poco riflessivi, sono istintivi. Non hanno ancora formata in sé la capacità di discernere il bene dal male e rischiano di cadere in una dipendenza da cui è difficile guarire. E siamo noi adulti a doverli aiutare a capire cosa è e cosa non è normale, bisogna tornare all’abc ed educare all’affettività. Bisognerebbe introdurre dei filtri nel computer, limitarne l’uso e non domandare ai figli solo cosa hanno fatto a scuola, ma soprattutto come stanno. Cercate di chiedere loro se stanno bene, se a casa stanno bene, se alcune situazioni complesse tra i genitori li fanno sentire a disagio. Ma nello stesso tempo dobbiamo capire che le regole sono importanti, ma che i no vanno spiegati, che i figli devono essere trattati da adulti, che è necessario dialogare, che il telefonino in età prematura è un danno».